mercoledì 10 giugno 2015

Il mio Arrogant Sour Festival 2015

Per il terzo anno consecutivo l'Arrogant Pub ha organizzato ARROGANT SOUR FESTIVAL, un festival dedicato solamente alle birre acide!, che si è svolto a Reggio Emilia dal 29 al 31 Maggio. La scelta della location è caduta su un prestigioso chiostro del 1600 in pieno centro: i Chiostri della Ghiara, in cui si trova anche l’ostello della città con 100 posti letto in cui sono stati ospitati i relatori, i birrai ed i publican del Festival.
Per questo evento speciale erano presenti oltre 60 produttori, tra italiani e stranieri, con almeno 150 etichette proposte alla spina, a pompa e a caduta; sono state montate ben 70 spine su un unico bancone di oltre 40 metri ed è stata attrezzata anche una bottaia nel chiostro più piccolo, dove erano presenti alcune birre spillate direttamente dalla botte di maturazione! Accanto alle birre, l’ottima cucina Reggiana è stata parte integrante del Festival. Piccoli produttori locali erano presenti con i loro stand e parte dei menu erano interamente dedicati ai prodotti locali sia caldi (lasagne, tortelli, …) che freddi (prosciutto, formaggi, ciccioli, erbazzone…).

Come era organizzato il festival
Bancone dell'Arrogant Sour Festival 2015
All'entrata dei Chiostri si acquistava il bicchiere da degustazione (7€), serigrafato con il logo della manifestazione, e i gettoni con i quali si potevano acquistare gli assaggi, le bottiglie, il cibo e i gadget. Ogni gettone valeva 1€.
Su ogni spina era segnalato il produttore, il nome della birra, una breve descrizione, il grado alcolico e il numero di gettoni necessari per avere un assaggio da 15cl; quindi, la quantità era fissa, ma variava il numero di gettoni per acquistarla. Le birre più economiche valevano 2 gettoni, ma si poteva arrivare anche fino a 5 gettoni per un assaggio di birre particolari come le Xyauyù di Baladin.

The Gose Strikes Back
La prima birra che ho assaggiato è stata The Gose Strikes Back (4,8% abv) dell'inglese Beavertown Brewery, una Gose con aggiunta di more.
Gose è uno stile di birra molto particolare appartenente alla tradizione tedesca; nacque circa nel XVI secolo nella cittadina di Goslar, ma nei secoli a seguire divenne lo stile tipico della vicina Lipsia. Si tratta di birre ad alta fermentazione prodotte a partire da una base di malto d'orzo "pils" e malto di frumento (50-60%) a cui viene aggiunta in bollitura una certa quantità di luppolo tedesco, coriandolo, sale e lactobacillus (che donano alla birra una nota lattica spiccatamente acidula). Il corpo solitamente è molto esile e la chiusura è piuttosto secca, mentre l'amaro dev'essere quasi del tutto impercettibile. Questa birra è dominata da aromi speziati e minerali e la bassa gradazione alcolica la rende particolarmente estiva e dissetante.
Devo dire che la versione di Beavertown con le more non mi è dispiaciuta affatto, anzi è stata un'ottimo inizio di serata...>>>


Jean Van Roy (Cantillon)
con Riccardo Franzosi (Montegioco)
La seconda birra che ho provato è stata la Missour 2012 (6,5% abv) di Montegioco, un blend di diverse birre (che non ricordo) affinate per 3 anni in botte. Per rimanere in casa Montegioco non mi sono fatto mancare la celeberrima Quarta Runa, una Belgian Ale con aggiunta di pesche di Volpedo in fase di fermentazione.

Passaggio obbligato per qualsiasi appassionato erano le spine dedicate a Cantillon, che venivano letteralmente prese d'assalto ogni volta che veniva attaccata qualche etichetta del produttore di Lambic più famoso al mondo. Presente al festival anche il mastro-birraio, Jean Van Roy, con oltre 10 diverse produzioni; di queste, ho avuto la possibilità di assaggiare la Iris (5% abv), una birra a fermentazione spontanea prodotta con solo malto d'orzo “pale” - senza nemmeno un grammo di frumento - con l’aggiunta di 50% di luppolo fresco e di 50% di luppolo vecchio di tre anni (suranné).
Mastro Titta mentre spilla
la Fou' Foune
La Iris viene prodotta una sola volta all’anno, quindi in un’unica cotta, poi invecchiata due anni in botte nella quale viene fatto macerare, due settimane prima dell’imbottigliamento, un sacco di tela riempito di luppolo fresco (dry hopping). La seconda fermentazione in bottiglia verrà effettuata con l’aggiunta di “liqueur d’éxpédition”. Ovviamente è vero che, pur essendo a fermentazione spontanea, la Iris è il solo prodotto di Cantillon che non si può né si deve chiamare lambic, in quanto non contiene almeno il 30% di frumento non maltatoDevo dire che non l'ho trovata particolarmente in forma, mentre mi hanno convinto di più la Fou' Foune (lambic con aggiunta di albicocche) e la Saint Lamvinus (lambic di 2 anni affinato in botte con uve merlot e cabernet).
La bottaia nel chiostro piccolo
Per non farmi mancare niente ho fatto poi un giro in bottaia, dove ho potuto assaggiare alcune produzioni alquanto "particolari" direttamente dalla botte di maturazione. Quelle di cui ho un ricordo più vivo sono:
La Rinnegata (6,5% abv) di Antica Contea, ottenuta dal blend di una Porter e una Kriek affinato poi in botte di rovere e successivamente passata in botte di ciliegio; 
Godzilla (ben 18% abv!), un Barley Wine affinato - anche questo - in botti di rovere e ciliegio, dello stesso birrificio; 
La Rinnegata
Equilibrista (11,9% abv) di Birra del Borgo, blend di mosto di Duchessa (61%) e mosto di Sangiovese (39%), invecchiato per 3 anni in caratello di legno;
Fruit Experience #Mad Braggot (8% abv) di Birra Mastino, ottenuto dal blend fra la Sour Experience #0 (Ale al miele affinata in botti di acacia e di rovere per 18 mesi) e un fermentato di miele, acqua e frutta tropicale con successivo affinamento in botte;
Oud Brunello (5% abv) di Ducato, una specie di Oud Bruin a fermentazione spontanea affinata in botti di Brunello di Montalcino;
Kriek dei Puffi (6,5% abv) di Black Barrels, birra lasciata macerare per 6 mesi in botte assieme a ciliegie di Verona.
Dopo aver letto le descrizioni di queste "birre" si può facilmente intuire perché i birrai italiani siano ritenuti fra i più estrosi e creativi del panorama internazionale. Non bisogna però farsi l'idea (del tutto errata) che il movimento artigianale italiano sia composto da personaggi stravaganti che producono solo strani intrugli. A mio parere bisogna considerare questi prodotti come delle vere e proprie sperimentazioni brassicole che spesso lasciano il tempo che trovano, ma che qualche volta possono dare vita a prodotti eccezionali. Non c'è miglior occasione per testare prodotti che hanno avuto bisogno di anni di attesa per la maturazione se non al festival di birre acide per eccellenza.
Alcune botti sul bancone della bottaia
E devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla Kriek dei Puffi di Renzo Losi e da La Rinnegata. L'Equilibrista è un prodotto molto famoso di Leonardo Di Vincenzo e pensavo di andare sul sicuro, invece non mi ha entusiasmato. Le altre le ho trovate meno interessanti e sinceramente non capisco perché la gente dovrebbe spendere dei soldi per accaparrarsele. Forse si tratta di birre talmente "al limite" che anche i birrai stessi sanno che il target di riferimento sia da ricercare in quel ristretto numero di nerd della birra che pagherebbero qualsiasi cifra pur di assaggiare l'ultima trovata di Giovanni Campari e colleghi, con l'unico scopo di vantarsi con gli amici (qualora la bevuta risulti positiva) o di stroncarne completamente l'idea (se l'assaggio dovesse risultare degno solo del lavandino). Mi spiego solo così la presenza a questo festival di alcune birre che rasentano la follia. 
Sorba di Birrificio Del Chiostro
Della bottaia rimpiango solo di non aver avuto l'occasione di bere la For Fan (5,8% abv) di Loverbeer (una birra alle albicocche fermentata con Brettanomyces e Lattobacilli che avevo già provato al Lambiczoon non molto tempo fa) e la Xyauyù Kentucky (14% abv) di Baladin che mi aveva piacevolmente impressionato lo scorso febbraio a Rimini.

Dopo i curiosi assaggi in bottaia, sono ritornato al grande bancone esterno. Qui ho continuato le mie scorribande, fra alti e bassi, a suon di Saison brettate, Fruit Beer, Berliner Weisse e Flemish Red Ale fino a chiudere la serata con alcune birre affumicate e torbate.
In particolare, ho provato la tedesca Berliner Weiss Oak Smoked (3% abv) di Bayerischer Bahnhof. Le Berliner Weisse sono birre molto particolari appartenenti alla tradizione brassicola tedesca da diversi secoli. Le prime produzioni risalgono probabilmente al XVI secolo nella zona di Amburgo. Attualmente è considerata la birra di Berlino per eccellenza, ed è protetta dall'Associazione Birrai di Berlino attraverso un marchio registrato. Nel XIX secolo era una delle bevande più popolari e veniva prodotta da oltre 700 birrifici tedeschi. 
Bicchiere del festival
Negli ultimi decenni sono rimasti davvero pochi produttori autoctoni, ma lo stile sta vivendo una nuova fase grazie al movimento artigianale internazionale. Sono sempre di più i birrifici artigianali che riproducono questo antico stile birraio (soprattutto nei mesi estivi) assieme anche alle già citate Gose.
Le Berliner Weisse sono birre ad alta fermentazione che si realizzano a partire da una base di malto d'orzo e frumento (fino al 50% e oltre) con aggiunta di lattobacilli per ottenere una birra acidula e rinfrescante. La gradazione alcolica è estremamente limitata (circa 2-3%) e l'amaro quasi del tutto assente. Nella versione di Bayerischer Bahnhof viene poi affumicata con chips di rovere francese.

Un'altra birra interessante che ho provato è stata la Brett Peat Daydream (7% abv) di Ducato, ottenuta dal blend di 3 birre: un Barley Wine, una Rauch Maerzen e una Ale brettata. Il risultato non mi ha entusiasmato, ma mi era già successo in passato con altre produzioni dello stesso genere. Purtroppo non ho ancora trovato una birra in cui due sapori così forti e caratterizzanti come l'acido e il torbato riescano a legare e a coesistere senza causarmi smorfie di dolore. 

bottle shop 
In conclusione, la mia esperienza all'Arrogant Sour Festival è stata costellata da buone e cattive bevute come in qualsiasi altro festival di birra. Sicuramente non è uno dei festival più economici, ma bisogna anche dire che si tratta di uno di quelli a più ampio respiro internazionale e che la particolarità delle produzioni influisce anche sul costo. Sta a ognuno di noi giudicare se il rapporto qualità/prezzo valga la pena di passarci una serata.
Sicuramente da apprezzare è la bellissima location, oltre che l'ottima organizzazione dei servizi e degli spazi (anche se il bancone l'avrei diviso in due o tre tronconi per utilizzare anche i due lati del portico meno battuti, stimolando così la circolazione). Buona anche la cucina, nella qualità e quantità dell'offerta, precisa e veloce.
La possibilità di pernottare nell'ostello (presente proprio all'interno dei Chiostri) è sicuramente un altro punto a favore.
Nota dolente: i 7€ di ingresso per avere il bicchiere, senza che sia prevista la possibilità di restituirlo per riavere indietro almeno una parte della somma versata. Questo lo faccio presente perché era facilmente possibile entrare al festival senza nessun tipo di controllo. Chiunque avrebbe potuto (e qualcuno l'ha fatto) entrare con un proprio bicchiere e comprare solo i gettoni in un secondo momento. 
Per chi se lo è perso, ecco il video dell'evento.

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