venerdì 26 dicembre 2014

Birrificio Theresianer e la Birra d'Inverno

Dato che diversi blogger mi hanno già preceduto nella recensione di questo birrificio, preferisco dare un taglio diverso al mio post su Theresianer. Non mi soffermerò molto sulla storia del birrificio e sulla sua evoluzione nel tempo (anche perché non si sa quasi nulla a riguardo) e neanche sull'eterna domanda se Theresianer possa essere considerato il più grande birrificio artigianale italiano o una "piccola" industria di birra indipendente. Voglio, invece, parlare di cose certe e di cose che non lo sono affatto...
  1. Quel che è certo è che Martino Zanetti è proprietario e presidente della Hausbrandt s.p.a., azienda produttrice di caffè dal 1892, e che nel 2000 ha deciso di fondare il birrificio Theresianer. Il legame fra il moderno Theresianer (sito in provincia di Treviso) e l'Antica Birreria di Trieste fondata nel 1766 - a cui si fa chiaro riferimento sul sito e sulle etichette delle bottiglie - non è dato saperlo. A pensar male sembrerebbe si tratti solo di un'abile mossa pubblicitaria per darsi un certo tono e fregiarsi di una storicità che non li appartiene. Sono portato a pensare questo perché non si trova alcuna notizia sul fantomatico legame fra le due fabbriche di birra, ma spero comunque di essere smentito. A questo proposito ho chiesto di poter parlare con qualcuno del birrificio, ma mi è stato risposto che tutte le info di cui avevo bisogno erano riportate sul sito internet. In realtà avrei avuto molte altre domande da porre: dalla storia alla produzione, dalle ricette alle materie prime usate, ecc ecc... tutte informazioni interessanti che rimarranno senza una risposta, almeno per il momento. Detto ciò, tornando al legame fra le due fabbriche, non mi resta che ipotizzare la possibilità che l'attuale birrificio Theresianer vanti una "connessione storica" con l'Antica Birreria di Trieste e con le sue birre; in tal caso, si potrebbe considerare come una specie di raro fenomeno italiano che ricalca quello delle più famose "birre d'abbazia" belghe. Le birre d'abbazia sono birre prodotte da moderni birrifici industriali che però utilizzano un'antica ricetta tramandata nei secoli dai monaci di un ex monastero. Potrebbe essere così anche per Theresianer, se non fosse che sul sito del birrificio si può leggere una nota del presidente Zanetti che dice che le birre prodotte da Theresianer si ispirano alle Sue preferite (e, quindi, non credo che possano essere quelle settecentesche dell'Antica Birreria di Trieste, che nessuno dei contemporanei ha mai avuto modo di bere).
  2. Altra certezza è che da qualche mese l'ufficio stampa del birrificio Theresianer sta contattando i blogger italiani di birra (artigianale) per spedire loro un campione di alcuni prodotti da testare. Dal mio punto di vista, si tratta di un'ottima mossa pubblicitaria ma non priva di qualche rischio. Una recensione negativa, per esempio, potrebbe essere dannosa per il birrificio a meno che l'idea di fondo non sia riconducibile all'equazione brewdogghiana "qualsiasi pubblicità = maggiore visibilità" o come disse Oscar Wilde: non importa che se ne parli bene o male, l'importante è che se ne parli. L'idea di aumentare la propria visibilità sul web attraverso i blog di birra artigianale è dunque molto interessante e coraggiosa. Secondo il mio modesto parere, si evince la volontà di avvicinarsi sempre di più al mercato della birra artigianale (che va tanto di moda in questi anni) oltre che cercare di ottenere maggiore credibilità e fiducia da parte del potenziale cliente/consumatore grazie all'apporto dei blog del settore. 
Quello che segue è il resoconto del mio personale incontro con alcune birre di Theresianer...>>>


Il campione inviatomi dal servizio stampa di Theresianer era composto da 3 bottiglie da 75cl, di cui: una Pils, una IPA e una Wit.
I nomi delle bottiglie combaciano esattamente con gli stili di birra corrispondenti. Si potrebbe pensare che Theresianer abbia avuto poca fantasia nella scelta dei nomi, ma l'aspetto positivo è che questa scelta aiuta la diffusione dei nomi degli stili birrari e determina anche l'immediata riconoscibilità del prodotto che si ha di fronte.
L'eleganza e lo stile delle bottiglie sono di tutto rispetto; mi ricordano molto quelle di altri birrifici che hanno cercato di sfondare in passato nel mercato dell'alta ristorazione (per esempio Baladin o Tenute Collesi).
L'affascinante etichetta e il tappo personalizzato risultano molto d'impatto e la scelta di segnalare che si tratta di birre NON filtrate è senz'altro da elogiare. La domanda che però sorge spontanea è: saranno anche NON pastorizzate??? Se fossero anche NON pastorizzate (cosa che solitamente viene ritenuta fondamentale per definire una birra artigianale), non vedrei alcun motivo per non "vantarsene" in etichetta e cercare così di defilarsi ulteriormente dal mondo della birra industriale e strizzare ancor di più l'occhio al movimento artigianale. Il fatto che non sia riportato in etichetta, mi induce a pensare che un qualche processo di pastorizzazione venga adoperato, anche se sul loro sito non ne viene fatta menzione.

La prima birra che ho bevuto è stata la Pils. Devo dire che nel complesso non mi è dispiaciuta affatto.
Si presentava di un bel color giallo dorato - più che paglierino - ed era sormontata da un bel cappuccio di schiuma pannosa, dalla grana mediamente fine, piuttosto compatta e persistente. Al naso ho avuto il preludio di una buona produzione. Nessun difetto lampante. Il bouquet olfattivo era piuttosto limitato, ma allo stesso tempo intrigante nella sua semplicità. Aromi di cereali, miele e una sottile freschezza erbacea la fanno da padroni. In bocca la carbonazione è piuttosto alta, ma non eccessiva; si avvertono ancora protagoniste le note maltate, di cereali e miele d'acacia, e un sottile agrumato. La chiusura è piuttosto equilibrata, però il carattere del luppolo non è mai troppo evidente. Secondo il mio parere non assomiglia nè ad una bohemian pilsner nè ad una "italian" pilsner; forse si trova più vicina alle pils tedesche anche se non perfettamente allineata neanche a questo sotto-stile. Di difetti non ne ha (a parte il colore leggermente fuori stile); solamente scaldandosi ho avvertito un leggerissimo "cartone", ma quasi impercettibile. In generale l'ho trovata comunque piacevole e dotata di un'ottima beverinità, anche se a tratti non così elegante come lo stile vorrebbe. La vedo bene sia per aperitivo che a tutto pasto.

Sull'euforia della prima (buona) bevuta ho stappato la IPA. Devo dire che qui la situazione è cambiata drasticamente. Chiamare "IPA" questa birra è piuttosto ambizioso, visto che delle India Pale Ale non ha quasi nulla.
Nel bicchiere si presenta di un bel color ramato acceso con un ampio strato di schiuma, anche se di media finezza e troppo poco persistente. Al naso si avvertono note fruttate (pesca e frutta tropicale), biscottate, caramellate e anche lievemente di bruciacchiato/liquirizia. In bocca è dotata di una media carbonazione, sentori che ancora si rifanno alla frutta e al caramello, e un residuo zuccherino troppo elevato che non viene mai contrastato da una ragionevole luppolatura. Cerco disperatamente il luppolo americano e l'amaro tagliente/resinoso tipici dello stile, ma non li trovo da nessuna parte. Il sorso scivola via senza lasciare traccia, a parte una spiacevole dolcezza generale. Sconcertante la mancanza di amaro e di corpo. L'ho trovata quindi un po' stucchevole e slegata nei sapori, con questa dolcezza di fondo che non c'azzecca niente (semi-cit). Ricetta da rivedere a partire dalla luppolatura (magari sostituendo anche tutto quello zucchero di canna con del malto d'orzo).

L'ultima birra rimasta era la Wit. Ero un po' scoraggiato dopo la seconda bevuta, ma mi sono avvicinato con sereno ottimismo a questa produzione.
Lo stile di questa birra nasce in Belgio e si può chiamare sia Wit (in fiammingo) che Blanche (in francese). Entrambi i nomi identificano lo stesso genere di birra, ad alta fermentazione, che storicamente viene prodotto con malto d'orzo e frumento "crudo" (cioè non maltato) e alcuni tipi di spezie (i due più utilizzati e fedeli alla tradizione sono il coriandolo fresco e la scorza d'arancia essiccata). In genere, le Wit dovrebbero avere un colore giallo paglierino molto pallido e opaco per via del largo uso di frumento non maltato in ricetta. In bocca è fondamentale un ottimo connubio fra le note dolci, speziate e citriche. L'amaro dovrebbe essere quasi impercettibile e la carbonazione elevata. E' una birra tipicamente estiva perché molto profumata e rinfrescante, frizzante e poco corposa, e dotata di una gradazione alcolica limitata (4-5,5% abv).
Vi starete chiedendo perché ho fatto questa premessa sulla storia dello stile... beh, semplicemente perché la birra che mi sono trovato di fronte era tutto fuorché una Wit.
Appena versata nel bicchiere ho notato che il colore era completamente fuori stile. Mi si è presentata una birra ambrata scarica/aranciata, opalescente, che mi ha ricordato subito una qualche sorta di Weisse. Punto a favore per la schiuma: forse la migliore delle tre birre, veramente di ottima fattura (probabilmente grazie al largo uso di frumento che aiuta la sua formazione).
Anche al naso gli aromi preponderanti erano riconducibili allo stile Weisse, soprattutto i forti esteri (aroma di frutta matura, banana...) e la speziatura attribuibile più al lievito utilizzato che ad una spezia vera e propria.
Assaggio la birra e mi convinco ancor di più che sto bevendo una cosa che non è affatto una Wit. In cerca di risposte, inizio a spulciare l'etichetta e noto che delle spezie (per esempio il coriandolo) non viene fatta alcuna menzione. Fra gli ingredienti segnalati trovo, invece, un quanto mai inopportuno MALTO DI FRUMENTO. Come accennato sopra, nelle Wit belghe si adopera frumento non maltato, mentre il malto di frumento è tipico delle birre di frumento tedesche (le Weisse/Weizen, appunto). Alla fine della fiera ho avuto la conferma che la ricetta di questa "wit" è, purtroppo, sbagliata. Oltre ai malti, probabilmente anche il tipo di lievito utilizzato non è particolarmente adatto alla produzione di una Witbier, altrimenti non saprei come spiegarmi tutto quell'aroma di estere fuori stile (magari temperature di fermentazione sbagliate...??). Delusione a parte, ho continuato a berla per cercare di salvare il salvabile. Devo dire che, se anche mi fosse stata presentata come una Weizen, avrei avuto più di qualche perplessità. Ad ogni modo, il corpo è eccessivo e la carbonazione non mi convince. In definitiva, questa birra non è né carne né pesce ed è davvero complicato cercare di darle un ruolo a questo mondo. Forse sarebbe il caso di schiarirsi le idee - cercando possibilmente di seguire le linee guida dei vari stili birrari - prima di lanciare sul mercato certe produzioni, perché se in qualche caso si diventa protagonisti di vere e proprie innovazioni stilistiche, in molti di più si finisce per commettere delle sciocchezze.
P.s. Noto che sul loro sito hanno scritto che il birrificio segue scrupolosamente l'Editto Della Purezza (Reinheitsgebot). Questo significa che Theresianer non adopererebbe né spezie né cereali diversi da orzo e frumento maltati. Se così fosse, non avrebbero dovuto chiamare "Wit" una loro birra...per ovvie ragioni spiegate sopra. :)

Oltre a queste tre birre, dopo qualche settimana, mi è stata gentilmente spedita anche una bottiglia della loro birra natalizia. Dovevate vedere la mia faccia quando ho aperto il pacchetto e ho capito cosa c'era all'interno... Immaginate un bimbo con il suo regalo di Natale! XD
Senza girarci troppo intorno diciamo subito che per il nome è stata adoperata la stessa strategia commerciale delle altre birre: si chiama Birra d'Inverno e dovrebbe essere - a questo punto il condizionale è d'obbligo - una birra di natale. La bottiglia e il suo cofanetto personalizzato sono molto eleganti; in particolare, i disegni sulla bottiglia sono molto simpatici e in pieno stile natalizio. Personalmente una bottiglia così bella la comprerei/regalerei senza pensarci due volte, indipendentemente dal contenuto; posso quindi dire che, a mio parere, chi si occupa del packaging ha centrato in pieno l'obiettivo.
Per quanto riguarda il contenuto, invece, stiamo parlando di una birra di natale. Solitamente queste produzioni sono molto particolari, perché benché si basino su stili classici ben delineati (in genere Strong Belgian Ale, Tripel...), le licenze poetiche sono molto comuni e ben accette. In genere, quest'ultime si possono identificare nell'utilizzo in ricetta di materie prime speciali (cereali insoliti, erbe, spezie, frutta, miele, radici e chi più ne ha più ne metta). Appurato però che questo non può essere il caso di Theresianer (perché ricordo che seguirebbe alla lettera l'Editto della Purezza!), mi dovrei trovare di fronte a una birra di Natale che potrei quasi definire atipica. O forse no...?
N.B.: sull'etichetta noto il Destrosio fra gli ingredienti. Si tratta di comune glucosio chiamato con un altro nome. Fino a qui nulla di strano. E' abbastanza comune l'utilizzo di zuccheri semplici per alzare la gradazione alcolica di alcune birre (di solito belghe), ma quello che mi chiedo è cosa ne pensi il Reinheitsgebot tedesco di tutto ciò...

Nel bicchiere la Birra d'Inverno si presenta di colore scuro, ma facendo molta attenzione e giocando un po' con la luce si può notare come il colore sia un bel ambrato carico con riflessi ramati. Appare quindi piuttosto limpida e con una bella schiuma beige, molto fine, persistente e mediamente compatta. Al naso si avverte un bouquet di aromi piuttosto ampio: si passa dagli esteri (frutta gialla matura) all'etilico, poi frutta secca, biscottato, amaretto, mandorla, un leggero pepato e anche una sottile vena affumicata.
In bocca la carbonazione è fine, forse anche troppo; ciò esalta la corposità e la cremosità della birra ma rende il sorso molto impegnativo. Protagoniste sono le note tostate, di frutta secca, toffee e un leggero cacao. Il finale è ancora giocato sul tostato e la frutta secca, ma escono fuori anche note un po' speziate ed etiliche (che aumentano più la birra si scalda nel bicchiere) e infondono calore al palato e in gola.
Se la birra viene servita alla giusta temperatura, i 9% abv sono tutto sommato ben amalgamati e nascosti; scaldandosi un po', invece, l'etilico può iniziare a dare qualche fastidio ed influire negativamente sulla facilità di bevuta. Il corpo è rotondo ma non eccessivo, anche se una carbonazione maggiore l'avrei vista molto meglio a sostenere il sorso. Il retrogusto non è molto lungo e a mio parere si perde troppo velocemente, ma nel complesso la reputo una discreta birra. Non consiglio di berla in modalità "birra da meditazione", perché non la considero come tale; la vedo meglio in abbinamento a formaggi stagionati o a qualche dolce a base di cioccolato fondente o frutta secca. Durante le feste natalizie si potrebbe azzardare con un panettone, magari mandorlato.

Per il momento finisce qui la degustazione delle birre Theresianer, anche se delle 10 (ben dieci) birre prodotte dal birrificio mi incuriosiscono molto anche la Vienna, la Bock e la Coffee Stout che cercherò di provare il prima possibile.

Colgo l'occasione in questo post per augurare a tutti Buone Feste e un 2015 pieno di buone bevute.
Cheers!

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